domenica 27 aprile 2014

Gli ippopotami della Beat Generation




Gli stati febbrili permettono di vedere il mondo con maggiore lucidità. Aforismi spiccioli, vero? Un modo come un altro per iniziare un post. Non ho intenzione di impostare un discorso coerente su un libro che mi è piaciuto molto: questa è una premessa fondamentale. Il libro di cui vorrei parlare è "E gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche" di William Burroughs e Jack Kerouac. Due nomi non indifferenti, un titolo tutt'altro che banale. Quest'opera è rimasta nel cassetto per più di cinquant'anni e la sua pubblicazione è stata possibile solo quando tutte le persone coinvolte- William Burroughs, Jack Kerouac, Allen Ginsberg ed infine Lucien Carr- sono passate a miglior vita. Si dovrebbe parlare di persone e non solo di personaggi perché si tratta di una storia vera, di vita vera romanzata, filtrata attraverso gli occhi di un Kerouac ed un Burroughs immaturi, gli studenti che erano prima di essere gli autori che conosciamo oggi.

Anno 1944, la seconda guerra mondiale sta per finire, ma a chi importa della guerra? Siamo dall'altra parte del mondo, alla Columbia University. Siamo fuori dal mondo, ve l'assicuro. O, per meglio dire, il mondo che conosciamo attraverso le pagine del libro è il mondo dell'arte, il germe della Beat Generation. Il problema più grande che arrovellerà i nostri protagonisti è: come spazzare via il marciume della tradizione? Come creare la rivoluzione culturale (The New Vision) a cui Lucien Carr, adolescente terribile che cerca di imitare Rimbaud, ambisce? Bisogna solo andare a Parigi, andare nel Quartiere Latino, fare vita da bohémien, bere l'assenzio dei maudits, leggere poesia ed ancora poesia per sputare sull'educazione perbenista di facciata dei businessmen di questo secolo. Lucien Carr ne è ossessionato e, col suo carisma, riesce ad influenzare anche i suoi compagni, che non esiterei a chiamare marionette: un languido David Kammerer (un nuovo Verlaine? Forse. Di sicuro era follemente innamorato di Lucien, a cui fece da mentore e di cui fu anche il comodo appiglio), un appassionato e sensibile Kerouac, un indolente ed introspettivo Burroughs. L'allegra combriccola passa le giornate a bere, leggere poesia, parlare di poesia, parlare della New Vision, ancora bere, organizzare la traversata per veder finire la guerra e finalmente essere a Parigi, liberi di poter pensare solo all'arte, a solo ciò che è davvero importante. Peccato che, in perfetto stile Rimbaud-Verlaine, fra deliri e litigi, relazioni più o meno torbide, la grande traversata (che io vedo come la nuova Alba di Rimbaud. Sì, insomma: la possibilità di vivere una vita di sola poesia, una vita in cui né il lavoro né i soldi possano ostacolare i sogni ad occhi aperti) non avverrà mai. Burroughs, cinico e disilluso, lo sapeva, l'ha sempre saputo. Ogni volta che trova Lucien con una nuova scusa, con un nuovo contrattempo che gli rimanderebbe la partenza, Burroughs sa che non avverrà mai e dice di avere la nausea. Ha sempre e solo la nausea.

Scena dal film "Kill your darlings"

Ma qui sto divagando. Il libro ha fatto scandalo perché racconta la relazione torbida fra Lucien Carr e David Kammerer che è degenerata nell'omicidio di Kammerer da parte di Carr. Burroughs e Kerouac, amici di entrambi, riuscirono a rielaborare il trauma tramite quest'opera che cerca di ripercorrere le principali tappe della loro relazione. Ciò che emerge in maniera netta, però, è soprattutto la generazione di appassionati, di sbandati che vogliono far la propria rivoluzione, che cercano se stessi attraverso i modelli del passato: i grandi maudits, l'alchimia, il misticismo. Una generazione che vuole lasciare il segno, che si sente travolta dagli eventi, dai grandi eventi che noi conosciamo: la Guerra, e che proprio per questo non vuole essere sopraffatta. Una dichiarazione di guerra contro il proprio tempo, contro il perbenismo borghese che permeava gli Stati Uniti, paese di apatico benessere in cui tutto sembra dovuto e tutto va bene.

Per curiosità: è stato recentemente fatto un film basato su questo romanzo, con Daniel Radcliffe, Dane DeHaan, Ben Foster e Jack Huston, regia di John Krokidas. Per chi leggerà il libro: consiglio vivamente di leggere anche la postfazione che fa il confronto fra la vicenda romanzata e ciò che è successo nella realtà- prendendo in considerazione anche la distorsione della figura di Kammerer ed il mito di Carr. Se volete avere un assaggio, è disponibile qui il primo capitolo.

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