mercoledì 10 luglio 2013

Filosofia giapponese

La traslitterazione del titolo è Tugumi, reso in italiano con Tsugumi

Salve!
A distanza di anni luce dal mio ultimo post mi accingo a riprendere in mano la penna. L'enorme ritardo è dovuto alle adorabili sessioni d'esame che paralizzano la vita degli studenti con stress ed ansie inutili. In ogni caso, ora è il momento di riposare ed iniziare a cancellare i numerosi titoli che costellano la mia lista di libri da leggere (una lista infinita che vale già come romanzo breve).

Oltre ad essere stata una discreta monaca amanuense che, con invidiabile rigore, ha copiato titolo dopo titolo i libri che mi avrebbero tenuta occupata per anni, ho scoperto anche di essere una lettrice molto abitudinaria. Una pigrizia imperdonabile che limita la curiosità ai miei autori preferiti, quelli con cui sono riuscita a legare di più, precludendomi il rischio di trovare un libro che mi lasci indifferente o insoddisfatta. Fra gli autori preferiti e d'abitudine non potrei non citare Banana Yoshimoto. Ogni estate, con puntualità svizzera, leggo (e spesso rileggo) uno dei suoi libri. Quest'anno è toccato a Tsugumi, pubblicato nel 1989.

Premessa per i lettori curiosi: se volete colpi di scena e siete appassionati dell'avventura (e quindi anche abituati ad una certa complessità nelle trame) ignorate la Yoshimoto. La trama di ogni suo libro può essere riassunta in circa 3 righe, e non esagero. In Tsugumi, per esempio, la trama è talmente esile che, se anche saltaste due o tre capitoli centrali, potreste comunque dare un inizio ed una fine al libro. Ciò che compone le sue creazioni non è tanto il contenuto, quanto piuttosto la forma, lo stile e l'atmosfera che riesce a creare. Di cosa riempie le pagine allora? Essenzialmente di personaggi e situazioni che si fondono con le brillanti descrizioni del Giappone. Non mi riesco a spiegare con esattezza cosa renda i suoi libri così coerenti, ma posso dire con certezza che ci sia un tocco particolare nel suo modo di scrivere. Le immagini rimangono così vivide da mescolarsi coi propri ricordi personali, in una straordinaria atmosfera da sogno. Tutta la realtà che vede la Yoshimoto viene in qualche modo smussata: le emozioni forti che dovrebbero aggredire il lettore in realtà vengono percepite con sereno distacco, tipico di chi ha dietro di sé grandi certezze a cui far riferimento. Le separazioni (il tema della nostalgia è centrale in Tsugumi), addirittura la morte, vengono affrontate con filosofia. Tsugumi (alter ego della Yoshimoto), Maria Shirakawa e Kyoichi hanno consapevolezza dei cambiamenti che toccano la vita di ogni persona, ne capiscono la necessità ed interiorizzano tutte le esperienze. 

Non ci potrebbe essere filosofia più lontana da quella occidentale, o forse più lontana dalla mia. Durante la lettura mi sono spesso sentita infastidita dagli atteggiamenti di alcuni personaggi che mi sembravano troppo piatti ed accondiscendenti, come se tutto ciò che gli succedeva non facesse altro che scalfire la superficie di ciò che erano, senza andare più a fondo. Quando però l'immedesimazione è stata completa, era impossibile ignorare le loro ragioni ed adattarsi di conseguenza.
L'ideale di ogni personaggio della Yoshimoto è l'equilibrio, un nucleo fondante su cui fare affidamento. Questo può essere la famiglia (per il padre di Maria Shirakawa, per esempio), l'amore (per Tsugumi e Kyoichi) o la propria terra (la penisola di Izu per Maria e la madre). Ciò che muove la trama del libro è l'arrivo dei cambiamenti o, per meglio dire, degli sconvolgimenti. Cosa bisogna fare davanti alla minaccia di questo equilibrio? 
Ogni persona che conosco direbbe di reagire, i personaggi della Yoshimoto direbbero piuttosto di accettare con un compromesso: accettare l'evoluzione a condizione che si resti fedele al proprio passato. Ora che ho finito di scrivere questa frase mi rendo conto del paradosso che l'autrice ha sempre evitato accuratamente di mostrare. Per riuscire a capire a fondo la visione del mondo e della vita dei suoi personaggi è necessario avere dei punti di riferimento: fatalismo, accettazione/rassegnazione e pace interiore. La faccio più complicata di ciò che in realtà viene detto dalla Yoshimoto che invece è talmente spontanea e fluida da risultare quasi banale (ho detto quasi!).

Tutti i personaggi, già dall'inizio del libro, sono consapevoli di dover perdere qualcosa, non per scelta ma per necessità. Questa situazione li rende in partenza attori "passivi" della propria vita che sembra essere dominata da una forza superiore, alla quale non possono che ubbidire. Il loro margine di libertà riguarda semplicemente l'atteggiamento che devono tenere, non tanto le azioni che devono compiere di fronte al cambiamento. La forza di volontà è fondamentale ma non abbastanza per riuscire a capovolgere la situazione: Tsugumi, per esempio, è limitata dal proprio corpo debole e febbricitante, ma non pretende di cambiare la propria condizione (che è per l'appunto irreversibile). Potrebbe darsi per vinta e lasciarsi morire, ma in realtà lotta, pur sempre consapevole dei propri limiti. Nel momento in cui cerca di superarsi (ossia di reagire) rischia di rompere l'equilibrio già precario a cui si era sottomessa, causando più danni che benefici. 
L'unico modo per superare indenni le prove della vita quindi non è eludere il cambiamento irreversibile ma aggrapparsi a qualcosa di stabile, che rimanga immutato nel tempo. L'ancora di salvezza è costituita dai ricordi più forti ed intensi, dalle emozioni riscoperte con nostalgia. L'estate che descrive la Yoshimoto è l'ultima estate che avranno modo di vivere insieme, dovrebbe essere triste e lontana, non credete? Dovrebbe essere ma non lo è. Quell'ultima estate si offre piuttosto come il baluardo a cui tutti dovranno far riferimento nel momento in cui saranno distanti. La vivono tutti pienamente, senza lasciarsi sfuggire nemmeno un attimo, consapevoli dell'importanza che avrà nel loro futuro e del suo significato più profondo. Ecco la loro pace interiore.

"Se penso ai momenti tristi che ho passato lontano da voi, riesco a capire quanto importante sia avere qualcuno che ti stia vicino. Forse un giorno cambierò idea, e magari comincerò a trattarvi con durezza, ma anche quello farebbe parte della vita. Forse potrebbe anche sparire l'intesa che si è creata fra di noi. Ed è proprio per riuscire ad affrontare momenti come quelli che dobbiamo fare in modo di crearci il maggior numero possibile di bei ricordi".

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